• Il professor Salvatore Pincherle, matematico ebreo, la cui famiglia si rifugiò nel montesino
  • Le leggi razziali furono lette per la prima volta da Mussolini il 18 settembre 1938 a Trieste
  • Strage di Sant’Anna di Stazzema (LU), 12 agosto 1944: 560 vittime
  • Eccidio di Ronchidoso (BO), 28-29 settembre 1944: 68 vittime
  • Marzabotto (BO), 29 settembre-5 ottobre 1944, strage di Monte Sole: 770 vittime
  • primo numero del giornale "Patrioti" della brigata partigiana "Giustizia e Libertà"

DIARIO DELLO SFOLLAMENTO

In certe zone, varie case furono fatte sgombrare perché servivano ai tedeschi per alloggio o per operazioni strategiche. A volte, come al mulino di Mamino, alcuni componenti della famiglia furono tenuti in casa, per servire gli occupanti. Molti costretti a sfollare per i bombardamenti Col proseguire della guerra, nei paesi di Iola, Castelluccio, Masemo, Montese, Salto, S. Martino e Ranocchio, la vita divenne impossibile per i continui bombardamenti.Allora molta gente riparò nei rifugi, ma i più dovettero fuggire, dapprima nelle case,nelle borgate, nei paesi vicini, poi oltre la linea, trovando spesso ospitalità fratema. Delle peripezie e dei disagi degli sfollati parlano alcune testimonianze.
Ricorda Venerio Cioni:
L'ordine di sfollamento imponeva un esodo verso nord, ma gli abitanti di S. Martino, Salto, Riva, preferivano uno sfollamento verso sud, cioè verso gli alleati. Una delle vie più battute era fra Muciano, La Serra, Casoncino, Galiccia, Mulino di sotto, Coveraie, ecc. Cosi proprio la zona che avrebbe dovuto essere sgomberata si rivelò rifugio per sfollati. I tedeschi tolleravano questo esodo, anche se eseguito in direzione opposta alle disposizioni emanate dai loro capi, ma... ogni tanto esigevano un “lasciapassare".' i passaporti maggiormente validi erano i maiali, le galline e le uova (AA. W. “Montese 1943-l945”,pag.94).

Leggendo il diario del parroco di Castelluccio, pare di vedere un lungo peregrinare,comune a tanti montesini.
20ƒebbraio.
Poco prima dell 'Ave Maria granate a fumate rosse sopra la Possione hanno dato un segnale che mi ha fatto decidere di abbandonare la casa; domattina, a Dio piacendo, si parte... per dove poi! Vedremo. ore 24.
21 febbraio.
La nottata è stata terribile: rafliche di granata come di mitraglia; hanno cessato verso le 4. S i partirà fra poco... Che il Signore ci accompagni I ore 5. 21 sera: siamo partiti stamattina poco dopo l'alba; a S. Antonio c'erano soldati e sono venuto qui alla Bandiola () Anche qui non e` il caso di poterci fermare: siamo in troppi; alcuni chiedono di andarsene durante la notte. Cosi farò pur io.
Ore I 7. 22 febbraio.
Sono qui in casa di Francesco Monari alle Rovine; vi è un discreto rifugio, ma piccolo e molti gli occupanti.
27 febbraio.
L'attività aerea e d'artiglieria ci circonda () granate cadono nei dintorni di casa... insomma la vita diventa assai difficile. Si decide di partire... oltre la linea... ora vado alla Serra (...) Da ca' del Sole o di Massimetto scrivo queste note dal rifugio dove siamo albergati in una trentina tutti decisi a passare la linea, se sarà possibile () Ieri tanti passarono il fronte e anche noi abbiamo pensato di fare altrettanto. S 'attende il momento buono... (Don Barbieri “Zibaldone").

Don Monterastelli, parroco di Ranocchio, annotò:
I7 marzo,
ho deciso di sfollare ai Benuzzi, tenendo la massima sorveglianza possibile alla canonica e alla chiesa, seguitando a pernottare nel campanile.
Il 28 marzo,
mattina, sfollato ai Bertocchi, il 29 alla Creda, la mattina del 30 (venerdì santo) alle ore 5,30 partito dalla C reda per passare il fronte: Castelletto, la Sorba, Molino di mezzo (ore 8), Maserna vecchia, Maserno, Bicocchi, lola (ore I2). Ore 6, in macchina, partenza per Lizzano e Vidiciatico, poi Lizzano. Cena e alloggio in canonica (note di don Monterastelli, cartella N. 6 archivio parrocchiale). Perfino dalle fogne di Montese, che erano state un rifugio per un po' di tempo, la gente fu costretta a fuggire.


Come ricorda Elisa Credi:
Era il 23 marzo:
le mie figlie già da una settimana erano nascoste in quell'improwisato rifugio; mio marito, con altri, era rimasto nella casa in Montello dove custodiva qualche bestia; io raggiunsi in quel giorno le mie figlie nellefogne ().In serata ci giunse la notizia che, entro il giorno successivo, avremmo dovuto lasciare il paese. In seguito seppi che anche mio marito aveva dovuto andarsene da Montello, quando, durante la notte, vi erano giunti soldati tedeschi.
All'alba del 24,
lasciammo tutti quanti le fogne e ci dirigemmo verso Vereta da dove raggiungemmo San Martino. Per tutto il tragitto fummo protetti da un aereo americano che volava sopra di noi . A San Martino ci dividemmo, perche' ognuno intendeva dirigersi dove sperava di ricevere un po' di aiuto. Io avevo con me una gallina e 30.000 lire che divisi in parti uguali tra me e le mie figlie di modo che, se qualcuna di noi fosse morta, le superstiti non si sarebbero trovate completamente sprowiste di tutto (AA. W. “Montese 1943-l945”,pag. 91).

Sfollare fu per tutti una "Via Crucis” I ricordi di don Barbieri, come quelli di don Monterastelli o di altri, potrebbero essere il racconto di chiunque.

La maestra di lola, Rosina Guidotti, iniziò lo sfollamento nel settembre 1944.
Noi trasferiti, al momento dell' uccisione di due tedeschi, da lola a Montese, decidemmo, dato il pericolo dei bombardamenti aerei e il continuo cannoneggiamento, di sfollare ulteriormente. Ci dirigemmo verso Salto. Dire cosa si gnificò questo ennesimo sfollamento, che ci costringeva a lasciare le persone più care, non e` possibile. Tutto ciò che possedevamo stava in una cesta. Le strade erano deserte di persone viventi, ma ai lati della strada, ogni tanto, si scorgeva un corpo esanime vittima del bombardamento appena awenuto o delle cannonate. La cosa non ci impressionava, non eravamo più capaci di provare profonde sensazioni tanto ormai la guerra ci aveva preparato a queste visioni. Peregrinammo da un posto all'altrofino ad arrivare al Casone di Santano. Le cannonate continuano frequenti; gli aerei, in particolare i caccia, sorvolano spessissimo le retrovie mitragliando. Da questo momento la vita e` dawero sospesa ad un ƒilo. Si comincia a pensare alla opportunità di passare il fronte. Io ero priva ormai di qualsiasi desiderio, incapace di prendere decisioni, mi sentivo indtfiferente a tutto. Accettai passivamente la proposta... A mezzanotte ebbero inizio le partenze: C enzo in testa e poi gli altri scaglionati per due o per tre, in modo da non dare nell 'occhio. Il nostro gruppo partiva per ultimo... All'improwiso uno scoppio lacerante di granata ci immobilizzò... Gli altri proseguirono e noi ritornammo al C asone felici di rimanere in quella sicurezza provvisoria. Noi riprendemmo la solita vita di reclusi. Continuava la disfatta dei tedeschi: indietreggiavano ed erano ormai stremati. Si presumeva che presto sarebbe passato il grosso della truppa in ripiegamento, perciò era dawero necessario partire. Questa volta decidemmo di scendere al Rio S. Martino, salire poi al crinale di Montespecchio, procedere verso Iola passando da Maserno. All'alba una cicogna americana sorvolò lentamente la zona per ispezionarla. Una partigiana passò e ci gettò un ordine: "Ora è il momento di tentare,avanti". I tedeschi nelle loro casematte rimanevano nascosti. Ricordo che arrivammo ad un fossato e ci buttammo a bere come bestie assetate, e poi ci trovammo insieme a tante persone che nei giorni precedenti avevano passato il fronte. Molti incerti sulla via da prendere. I sentieri erano stati minati e il giorno precedente due persone erano morte a causa di questo. Ci accolse molto cordialmente il signor Picchioni (alle Coveraie), ci diede da mangiare e ci accompagno poi per un tratto di strada indicandoci la via da seguire. Carlo faceva da capofila distanziato, quel tanto che bastava da noi . Dove lui aveva posato il piede, noi pure lo posavamo. Ormai solo un'altra faticosa salita, poi un breve tratto di strada pericolosa ci separava da Iola, dalla nostra casa. A metà costa incontrammo i brasiliani. Ci rivolsero alcune domande, ci oflrirono cioccolata. Ci portarono al Comando Americano che era al Poggio. Silvio e Carlo furono interrogati .s Un brasiliano ci accompagno per il breve tratto che ci separava dalla chiesa; evidentemente era lì che dovevamo sostare. Credevamo di essere liberi di andare o rimanere: evidente- mente non era così. La piccola chiesa di Iola dava pur essa testimonianza della violenza della guerra. Venne il nostro buon parroco a salutarci e a rassicurarci sulle ottime informazioni che aveva dato di noi; ci diede un consiglio: -Aflermate di sapere già dove andrete, non lasciatevi portare in un campo di raccolta.
Ci caricarono su di un camion chiuso; lungo la strada raccogliemmo altre persone. Il camion fu così pieno che ci stavamo a stento. Arrivammo finalmente a Lizzano (diario di R. Guidotti).

Anche Romeo Piccinelli ricorda quando sfollò con tanti altri:
Ci incamminammo da Bertocchi, dove eravamo sfollati, verso Villa d'Aiano: eravamo una decina ma, strada facendo, altra gente si aggiungeva proveniente da chissà dove. Sulle spalle portavano con facilità le povere cose infagottate alla meglio. Alcuni avevano caricato due mucche a soma. Una donna di mezza età si era portata una decina di pecore. Sopra ai Ronchi il sentiero costeggiava un bel prato dove l'erba incominciava a verdeggiare. Troppo fresca e troppo tenera perché le povere bestiole potessero resistere alla tentazione. Una dopo l 'altra si tuƒƒarono a testa bassa e cominciarono a saltare con le mine. La povera donna urlava disperata chiedendo un aiuto che nessuno poteva darle. Come Dio volle riuscì a raggruppare le superstiti e si mise in cammino. Poco più avanti passammo nel cortile di una casa dove, vicino al lavatoio, c'erano due tedeschi a petto nudo che si stavano lavando. Ci degnarono di uno sguardo distratto, anche perché a prenderci idealmente in consegna era arrivata una cicogna che evolveva pigramente sopra alle nostre teste.